RINVIATI A OTTOBRE TUTTI I PAGAMENTI DEI NOSTRI SERVIZI
Ho visto e letto in questi giorni, come tutti, quanto il Governo ha messo in campo per rispondere all'epidemia che ci sta devastando. E resto – come tanti – in qualche modo perplesso, ma sarebbe più giusto dire sconcertato, dal modo di procedere a vista, quasi balbettante, del Governo nel decidere (quasi sempre con ritardo) e poi nell'annunciare (male) quanto deciso.
Sostengo ciò sapendo o intuendo le difficoltà che una simile situazione sta ponendo a tutti. Ma continuo a chiedermi perché il Governo non abbia accolto con prontezza il suggerimento di chiusura chiesto molti giorni addietro da alcune regioni del Nord. E non capisco poi, cosa di queste ore, come mai il Governo intervenga con provvedimenti di chiusura di fabbriche e cantieri che sono meno restrittivi di quelli emanati dalla Regione, per cui – paradossalmente - alcuni cantieri che si erano chiusi nei giorni scorsi per provvedimento regionale oggi vanno riaperti per provvedimento governativo. Trovo la cosa paradossale, sconclusionata, capace di generare confusione e di aggravare le difficoltà di alcune aziende.
Dico questo perché mai come oggi servirebbe una gestione solida e univoca della crisi. Se è vero che siamo in guerra, anche le decisioni in qualche modo devono essere “di guerra”. Il confronto, il dibattito, l'ascoltare le organizzazioni, imbastire la concertazione va bene. Ma in periodi per così dire normali. Ma se è vero che siamo – mi ripeto – in guerra è evidente che le decisioni devono essere assunte con la rapidità necessaria. Il quadro che abbiamo invece davanti è quello dell'emergenza coronavirus e dell'incertezza decisionale. E' una guerra che dobbiamo combattere su due fronti.
Ed è anche per lenire, almeno in parte, le difficoltà che le aziende stanno incontrando in queste settimane, che l'Associazione Artigiani ha deciso una cosa semplice e chiara: abbiamo rimandato a ottobre la fatturazione e il pagamento dei servizi che l'Associazione erogherà da aprile in poi agli artigiani. Abbiamo sempre sostenuto che siamo l'Associazione del fare e dell'essere concreti. Ci è quindi parso utile e necessario fare questa scelta passando dalle parole ai fatti. E' un'azione di responsabilità che dobbiamo alle nostre imprese in attesa che arrivi una schiarita, che il mondo e il mercato ripartano, che si possa tornare ad una vita normale.
Perché certamente si uscirà da questa situazione. Ovviamente la domanda è “quando?” In merito a questo interrogativo qualche incertezza resta. Perché, se una cosa abbiamo imparato su questo virus, è che non conosce confini e quindi è più che possibile che l'Italia, entrata per prima nel tunnel, per prima ne esca. Ma se come del tutto probabile, nel tunnel entrano via via altri Paesi, è evidente che il mercato nel suo complesso resterà narcotizzato per molto tempo.
Ma sin d'ora dobbiamo pensare alla ripartenza. E' ragionevole, anche per le ragioni appena dette, che sia il mercato interno a ripartire per primo. Se tante fabbriche oggi son chiuse è evidente che molti magazzini saranno leggeri e quindi lavoro potrà esserci. Ma qui – pur senza farci troppe illusioni – va preparata l'uscita dalla prima fase della crisi, qui va preparato una sorta di fase dopo-virus.
Il coronavirus sta piegando molte certezze. E' evidente a tutti che la ripartenza – e parlo delle aziende – non sarà facile. Ed è per questo che servirà una sorta di choc positivo, di qualcosa che faccia dire ad un imprenditore... “ma sì, ripartiamo” archiviando le preoccupazioni e le tristezze di questi giorni in altra parte del cuore. Già: ripartiamo. Servirà un quadro europeo favorevole (bene la Bce dopo qualche tentennamento, bene la UE sul patto di stabilità) ma questo non basterà. Le banche (e il pensiero torna all'Europa) dovranno valutare che l'Italia, con il suo tessuto di piccole e medie imprese, è cosa diversa da Francia e Germania; che Basilea-tre non può essere il criterio con cui si eroga credito. Qui serve una “follia” positiva, serve qualcuno (le banche) che dia fiducia alla voglia e alle idee che rinasceranno. E per far questo, tornando al discorso iniziale, che serve un Governo tonico, coeso, forte e di qualità, che sappia difendere i nostri interessi.
Manifesto delle speranze che possono persino apparire fuori contesto nel momento in cui in tanti piangono, in tanti soffrono, in tanti lavorano e stanno in trincea. Ma è bene cominciare a pensare anche al dopo. Questa pandemia io credo farà cambiare l'ordine delle priorità a molti di noi, agli imprenditori e a chi imprenditore non è. Ho la speranza che si annunci un tempo dove parole come responsabilità, professionalità e concretezza avranno maggior peso. Sono virtù poco praticate a mio modo di vedere. Ma è indispensabile recuperarle se immaginiamo di costruire un mondo sano, più sano. Perchè una delle cose che il coronavirus ci ha forse insegnato è che non possiamo immaginare di star bene in un mondo malato.
BORTOLO AGLIARDI
Presidente Associazione Artigiani